Disturbo da deficit di attenzione e iperattività - ADHD

adhda cura di Francesca Turchi

Quante volte abbiamo sentito o abbiamo detto frasi del genere?

“Possibile che non riesci a stare fermo un attimo?”

“Stai seduto composto!”

“Stai attento!”

“Smettila di distrarti e concentrati sullo studio!”

Queste sono frasi comuni pronunciate spesso da genitori e insegnanti di bambini (o bambine) visivamente irrequieti, disattenti, talora oppositivi, disorganizzati ed impulsivi (Vio e Lo Presti, 2015). Tuttavia, nella maggior parte dei casi, si cade nell’errore di considerare questi bambini o queste bambine come invece svogliati/e o capricciosi/e, arrivando persino a rimproveri e punizioni.  

Come si può distinguere, quindi, la vivacità da comportamenti quali l’iperattività-impulsività e la disattenzione?

Un bambino ADHD possiamo comunemente paragonarlo ad una Ferrari dotata di un motorino che non si scarica mai e che corre all’impazzata senza freni e senza controllo, che non riesce a tener conto degli ostacoli che ha di fronte e continuamente distratto dagli stimoli circostanti.

È evidente come in bambini e bambine ADHD è insita nella loro natura l’esuberanza motoria, la voglia di saltare e di correre, la mancanza di riflessione a scapito dei pericoli, nonché la difficoltà nel dedicarsi a compiti che richiedono sforzo e concentrazione e la facilità con cui tendono ad annoiarsi e a distrarsi.

Pertanto, è bene differenziare i comportamenti fisiologicamente presenti in tutti i bambini e in tutte le bambine all’interno della normale crescita e che con il passare del tempo si andranno a modificare e a uniformare rispetto ai coetanei, dalla manifestazione comportamentale tipica dell’ADHD, caratterizzata da frequenza e pervasività di sintomi ritenuti patologici poiché non permettono un sano e pieno sviluppo psicosociale (DSM-5, APA 2014, Castellanos e Tannock, 2002).

Si tratta, infatti, di comportamenti che provocano una marcata sofferenza nei bambini/e ADHD e che li espone a numerosi problemi e difficoltà nella vita sociale, cognitiva, scolastica, familiare ed emozionale, con un significativo rischio per lo sviluppo di altri disturbi psicopatologici.

Che cos’è l’ADHD: sintomatologia e prevalenza

L’ADHD è considerato un disturbo del neurosviluppo, in quanto la sua insorgenza è da ricercarsi nell’infanzia. Stabilirne le cause ed un preciso momento in cui esso si manifesta è alquanto difficile, per questo motivo, non c’è un’età di esodio specifica a cui fare riferimento, ma piuttosto una fascia evolutiva di quando il disturbo possa manifestarsi, ossia prima dei 12 anni, in base alle linee generali del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5, APA 2014).

L’ADHD si configura principalmente per tre aspetti importanti (Vio e Lo Presti, 2015):

  1. Disattenzione: facile distraibilità, tendenza a smarrire o dimenticare le cose, difficoltà a mantenere la concentrazione su un compito per lunghi periodi e difficoltà a progettare e terminare le attività.
  2. Iperattività: difficoltà a mantenere la posizione seduta composta per tempi prolungati, tensione ed irrequietezza motoria con corsa, salti e arrampicate con difficoltà a stare fermi (tamburellare e muovere eccessivamente le dita, oscillare i piedi ecc.), eccessiva loquacità, continua ricerca di stimoli senza rendersi conto della pericolosità di particolari azioni.
  3. Impulsività: tendenza a interrompere gli altri mentre parlano, rispondere prima che una domanda sia stata completata, incapacità nell’attendere il proprio turno e invadenza nel rapportarsi con gli altri.

Ovviamente, tutti questi comportamenti sono variabili da bambino a bambino e nella tipologia con cui si manifestano.

Inoltre, il DSM-5 (APA 2014), specifica che tale disturbo può manifestarsi in 3 diverse forme e che i comportamenti tipici devono essere presenti in maniera persistente negli ultimi 6 mesi:

  • 314.01 (F90.2) Manifestazione combinata: se presenti sia i comportamenti inerenti la disattenzione sia l’iperattività-impulsività;
  • 314.00 (F90.0) Manifestazione con disattenzione predominante;
  • 314.01 (F90.1) Manifestazione con iperattività-impulsività predominanti.

Per quanto riguarda la prevalenza, l’ADHD è uno dei disturbi più comuni dell’età evolutiva e i numerosi studi condotti hanno dimostrato che è presente all’incirca per il 3-6% della popolazione in età pediatrica, con una prevalenza nettamente superiore nei maschi rispetto alle femmine (6:1).

Come evolve nel tempo l’ADHD

È stato dimostrato da diversi studi che l’ADHD è uno dei disturbi psichiatrici con più elevata ereditarietà, quindi tende a ricorrere in diversi membri della stessa famiglia, con un’incidenza nella popolazione adulta del 3-4,5% dei casi (Tannock, 1998; Brown, 2000, Guidetti e Galli, 2006). Si è notato che in età adulta una parte dei sintomi tipici dell’età infantile tendono a riproporsi, con la comparsa di nuovi tratti associati ad una serie di problematiche psico-sociali (Young, Toone e Tyson, 2003).
Le caratteristiche più comuni presenti in un adulto ADHD sono:

  • Disattenzione cronica che si manifesta con: facile distraibilità, scarse capacità di concentrazione, difficoltà nel portare a termine i compiti affidati, dimenticanze ecc.;
  • Impulsività comportamentale e verbale che si esplicano con: agitazione motoria anche quando si è seduti, non rispettare i turni nei dialoghi, essere logorroici ecc.;
  • Disorganizzazione con mancanza di pianificazione;
  • Sensazione di noia e difficoltà a trovare soddisfacimento;
  • Repentini cambi di umore.

Per approfondire

bibliografiaBibliografia

  • APA (2014), DSM-5: Manuale diagnostico e statico dei disturbi mentali. Milano Raffaello Cortina Editore, Traduzione italiana della Quinta edizione (DSM-5 Diagnostic and statistical manual of mental disorders, Fifth Edition, American Psychiatric Publishing, Wastington, DC, 2013) di Francesco Saverio Bersani, Ester di Giacomo, Chiarina Maria Inganni, Nidia Morra, Massimo Simone, Martina Valentini.
  • Brown T. E. (2000). Attention deficit disorders and comorbities in children, adolescents, and adults. Washington (DC), American Psychiatric Press.
  • Castellanos F. X. e Tannock R. (2002). Neuroscience of attention-deficit/hyperactivity disorder: The search of endophenotypes. Nature Reviews Neuroscience, vol. 3, n.8, pp. 617-628.
  • Guidetti V. e Galli F. (2006). Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza: Approfondimenti. Pp. 209-227. Il Mulino.
  • Tannock R. (1998). Attention deficit hyperactivity disorder: advances in cognitive, neurobiological, and genetic research. J Child Psychol Psychiatry. 1998 Jan; 39(1):65-99.
  • Vio C. e Lo Presti G (2015). Diagnosi dei disturbi evolutivi: Modelli, criteri diagnostici e casi clinici. P.p. 123-156. Erickson.
  • Young S., Toone B. e Tyson C. (2003). Comorbidy and psychosocial profile of adults with Attention Deficit Hyperactivity Disorder, Personality and Individual Differences, 35, 743-755.

Sitologia

Note sull’autore

Francesca Turchi. Laureata alla Sapienza di Roma in Psicologia Dinamico-clinica dell’infanzia, dell’adolescenza e della famiglia e iscritta all’Albo degli Psicologi del Lazio. Attualmente lavora come tutor di bambini e bambine con diagnosi di Disturbo dell’Apprendimento e ADHD.

Pubblicato il 10/02/2018 alle ore 17:06

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